📌Mark Zuckerberg, patron di Facebook, in coincidenza con l’assalto delle truppe di Donald Trump al Congresso, ha annunciato la sospensione a tempo indeterminato e almeno fino al 30 gennaio dei profili Facebook e Instagram del presidente Usa.
La decisione, al di là del merito, apre interrogativi importanti sulla possibilità che queste piattaforme possano, di fatto, zittire un esponente politico e bloccarne la diffusione del pensiero sui social media.
Premetto subito che Trump è quanto di più distante io possa concepire in fatto di politica e di libertà, di diritti civili e di democrazia. Va detto anche che, in modo analogo, Twitter aveva già fermato Trump per dodici ore per violazione dell’integrità civica.
Microfoni e megafoni spenti, dunque, per The Donald, che sulla comunicazione social ha costruito una fetta importante del suo consenso, fatto di messaggi populisti, violenti, intrisi di demagogia e complottismo. La realtà di oggi è quella delle grandi società dei Big Data, strutture oligarchiche globali che, sfruttando le contraddizioni delle società democratiche di oggi e le loro fragilità, hanno assunto una posizione ampiamente dominante, governando di fatto la comunicazione politica globale e non solo. Che un uomo come Trump non possa più comunicare attraverso questi canali può, sul momento, starci bene, per la violenza dei suoi diktat e per il proselitismo che può scatenare.
Ma quali sono i parametri generali che ispirano questi grandi gruppi nella scelta di oscurare questo o quel messaggio, questo o quell’esponente politico? Fonte: Pagina fb On. Saverio Romano, Leader Cantiere Popolare